Neve, la neonata di Homo Sapiens che sta affascinando il mondo.

È stata scoperta in Liguria la prima sepoltura europea di una neonata di 10.000 anni fa: si tratta di un’eccezionale testimonianza del Mesolitico perché è la più antica in Europa.

È stata scoperta in Liguria la prima sepoltura europea di una neonata di 10.000 anni fa: si tratta di un’eccezionale testimonianza del Mesolitico perché è la più antica in Europa. Il ritrovamento è avvenuta nel sito dell’Arma Veirana, in provincia di Savona ed è stato pubblicato su “Scientific Reports”, rivista del gruppo “Nature”.

Scavando in una grotta del comune di Erli, nell’entroterra di Albenga, un team internazionale di ricercatori ha scoperto la più antica sepoltura fino ad oggi mai documentata in Europa relativa a una neonata mesolitica. La sepoltura ha restituito, insieme ai resti del piccolo corpo, un corredo formato da oltre 60 perline in conchiglie forate (Columbella rustica), quattro ciondoli, sempre forati, ricavati da frammenti di bivalvi (Glycimeris glycimeris) e un artiglio di gufo reale.

Il team che realizzato scoperta e scavo è coordinato da ricercatori italiani, Stefano Benazzi (Università di Bologna), Fabio Negrino (Università di Genova) e Marco Peresani (Univerisità di Ferrara), nonché delle Università di Montreal (Canada), della Washington University (Usa), dell’Università di Tubinga (Germania) e dell’Institute of Human Origins dell’Arizona State University (Usa). Jamie Hodgkins, archeozoologa presso l’University of Colorado Denver, ha qui lavorato insieme a suo marito Caley Orr, anche lui paleoantropologo presso la stessa università.

Arma Veirana è una cavità, lunga una quarantina di metri e dalla forma a capanna, nota da tempo agli abitanti della val Neva, ma trovandosi lontana dalla costa e non essendo di facile accesso non è mai stata oggetto di indagini archeologiche programmate. Solo alcuni scavatori clandestini negli anni 70 ne avevano purtroppo compreso l’importanza, mettendo in luce, attraverso due sondaggi, livelli con manufatti litici e fauna riferibili a frequentazioni umane del Paleolitico medio (uomo di Neanderthal) e del tardo Paleolitico superiore (Homo sapiens). Nella terra rimaneggiata derivante dagli scassi dei clandestini Giuseppe Vicino, ex-conservatore del Museo Archeologico del Finale, raccolse nel 2006 alcuni reperti che consegnò alla Soprintendenza, facendo quindi conoscere il sito alla comunità scientifica. La grotta è oggetto di un ottimo sito internet ed è disponibile online un modello interattivo in 3D.

Nel 2017, ampliando le attività di scavo verso la parte più interna della cavità, apparvero alcune conchiglie forate; si iniziò quindi a sospettare la presenza di una possibile sepoltura. Pochi giorni dopo, utilizzando strumenti per dentisti e un piccolo pennello, furono messi in luce quello che restava di una calotta cranica e i primi elementi di corredo.

Una volta estratti il corpo e il suo corredo, i reperti sono stati poi oggetto di analisi scientifiche effettuate da esperti appartenetti a diversi enti di ricerca; queste indagini di laboratorio hanno così permesso di ottenere preziose informazioni sulla sepoltura e sulla sua cronologia. È stata infatti l’analisi dell’amelogenina, una proteina presente nelle gemme dentarie, e del genoma a rilevare che il neonato era femmina e che apparteneva a un lignaggio di donne europee noto come aplogruppo U5b2b. La datazione al radiocarbonio ha inoltre permesso di stabilire che la neonata, che il team ha quindi soprannominato “Neve”, era vissuta 10.000 anni fa circa, durante il Mesolitico antico, nella prima fase dell’Olocene.

L’istologia virtuale delle gemme dentarie della neonata, realizzata presso il laboratorio di luce di sincrotrone Elettra a Trieste, ha stabilito la sua età di morte, avvenuta 40-50 giorni dopo la nascita; ha inoltre evidenziato come la madre di Neve avesse subito alcuni stress fisiologici, forse alimentari, che hanno interrotto la crescita dei denti del feto 47 e 28 giorni prima del parto. L’analisi del carbonio e dell’azoto, sempre estratto dalle gemme dentarie, ha inoltre evidenziato che la madre si nutriva seguendo una dieta a base di prodotti derivanti da risorse terrestri (come ad esempio animali cacciati), e non marine (come la pesca o la raccolta di molluschi).

Lo studio degli ornamenti, costituiti da conchiglie cucite su di un abitino o un fagotto in pelle, ha evidenziato la particolare cura che era stata investita nella loro produzione; inoltre, diversi ornamenti mostrano un’usura che testimonia come fossero stati prima indossati per lungo tempo dai membri del gruppo e che solo successivamente fossero poi stati impiegati per adornare la veste della neonata. Neve testimonia dunque che anche le femmine più giovani erano riconosciute come persone a pieno titolo in queste antiche società.

Il Mesolitico (11.000-7.500 anni fa circa) è una fase cruciale della storia europea. Seguì la fine dell’ultima era glaciale e vide l’adattamento delle comunità paleolitiche di cacciatori-raccoglitori a un nuovo contesto ambientale, di tipo interglaciale, caratterizzato da un’espansione delle foreste e dalla risalita del livello marino. Si concluse solo con l’arrivo delle prime comunità neolitiche di allevatori e agricoltori dal Vicino oriente.

Le sepolture riferibili a questa epoca non frequenti e particolarmente rare, anche per tutte le altre epoche, quelle infantili. La scoperta di Neve è quindi di eccezionale importanza e può aiutare gettare luce sull’antica struttura sociale e sul comportamento funerario e rituale di questi nostri antenati.

Fonte: Avvenire.it

 

Lascia un commento